Occupazione femminile in Italia oggi: facciamo il punto

Occupazione Femminile

In che condizioni versa l’occupazione femminile nel nostro paese? Qual è il numero necessario di donne da impiegare nel mercato del lavoro per raggiungere gli obbiettivi internazionali? Quali sono le offerte di lavoro che vengono loro proposte?

Per raggiungere gli obiettivi previsti dall’ultimo G20 tenutosi in Australia nel 2014, ovvero avere una ripresa economica con conseguente aumento di Pil e occupazione, dovrebbero entrare 2,7 milioni di donne nel mercato del lavoro italiano; il target specifico fissato in quell’occasione per le donne a livello mondiale: farne entrare nel mercato del lavoro 100 milioni in 10 anni.

Anche secondo l’Istat 2,7 milioni di donne impiegate consentirebbero all’Italia, ad oggi ultima in Europa per tasso di occupazione femminile, di raggiungere ed allinearsi alla media Europea.
Purtroppo il nostro paese è ben lontano da questo obiettivo e la bassa occupazione femminile è dovuta in generale ad una condizione di disuguaglianza: lo rileva il Gender Equality Index elaborato dall’EIGE (l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere) che vede l’Italia sotto la media europea e il rapporto Global Gender Gap, pubblicato ogni anno dal World Economic Forum, che attribuisce all’Italia il 69esimo posto nella classifica mondiale per la parità di genere.

In Italia le donne sono considerate il primo riferimento per il lavoro domestico e di cura, infatti sono 2,3 milioni quelle che risultano non attive per motivi famigliari, il 40% di loro ha però un diploma di scuola superiore o un titolo universitario e il 45% vive al sud. Si stima che 270.000 donne inattive non abbiano cercato un impiego per colpa della scarsità dei servizi di cura forniti a bambini, anziani, malati e disabili (McKinsey Analysis 2012). Il 18% delle donne inattive cercherebbe un impiego se i servizi fossero adeguati (Istat 2013).
Il 22,4% delle donne diventate madri e impiegate prima della gravidanza, intervistate due anni dopo hanno perso il lavoro (Istat 2015).

Il problema per le donne italiane non è solo entrare nel mercato del lavoro, ma sono anche le condizioni lavorative che, a parità di quelle offerte ai colleghi uomini, sono inferiori e poco soddisfacenti: vengono pagate meno, sono più soggette al part time involontario e alla precarietà (Istat 2015) e fanno meno carriera anche se sono più formate.
Il risultato è che 5 anni dopo la laurea hanno trovato lavoro l’88% dei laureati uomini e solo il 63,5% delle laureate donne; gli uomini hanno offerte di lavoro per 1556 euro mensili contro i 1192 delle donne (Almalaurea 2015).
La richiesta personale femminile per lavori di cura e domestici è aumentata di molto e ha attirato donne migranti, relegandole in un settore considerato poco qualificato e quindi sottopagato.

Ma in questa situazione troviamo anche una nota positiva, infatti c’è un settore in cui negli ultimi anni le donne hanno ottenuto riconoscimenti importanti: la leadership sia in ambito economico che politico.
Grazie alla recente legge sulle quote nei consigli di amministrazione, che impone di avere al loro interno almeno il 20% di donne (sia per le società pubbliche che quelle private), i dati sono migliorati di molto e ad oggi abbiamo un 27,3% di donne nei consigli di amministrazione (Consob2015).
Anche nell’ambito politico Italiano ci sono stati dei miglioramenti negli ultimi anni, nell’attuale governo le ministre sono il 41% e sia alla Camera che al Senato le donne registrano un inedito 31% di presenze.